martedì 6 gennaio 2015

IIA La rinascita dei Dominatori- Alberto De Paolis, Antonio Matassa e Daniele Denni


LA RINASCITA DEI DOMINATORI

Artrid si avvicinò al corpo del padre e cominciò a fissarlo. Rimase ore ed ore seduto a terra a guardare quel volto ormai senza vita, fino a quando non si avvicinò a lui un ragazzo alto e paffuto, dicendo: ”ciao sono Eloch, anche a te i morti fanno un brutto effetto, vero? Vieni con me, ti porto in un posto dove ti passerà tutta questa angoscia”. Artrid si alzò e seguì quel bambino fuori città. Si fermò di colpo ed annunciò ad Artrid che erano giunti:”Guarda che bello questo lago, guarda quanti animali, sembra un posto irreale, ed è per questi motivi che viene chiamato “Lago delle Creature Incantate”, perché secondo la leggenda ogni giorno vengono qui i folletti a giocare”. Eloch, non essendo un divinatore, non poteva vedere come tutti gli altri le creature magiche,ma Artrid sì, vedeva questo lago incantato ricoperto da folletti bassi e buffi. Ormai era sera e quando stavano tornando in città sentirono una voce provenire dal lago che gridava: “Aiuto! Sto Annegando!”. Il divinatore si girò verso il lago, corse e, senza pensarci, si tuffò in acqua. Riuscì a salvare la bambina che, dopo essersi ripresa dallo spavento, ringraziandolo disse: “Grazie, non so come ricambiare il favore. Stavo camminando sulla riva, quando ad un tratto ho perso l'equilibrio e sono caduta nel fiume.”. La bambina, che si chiamava Adhara, riconobbe subito Artrid: lo aveva difeso dentro le mura della città. Si presentarono, compreso Eloch, e divennero amici.
Passarono molti anni e ormai Artrid si era trasferito in città, nessuno sapeva che era un divinatore, solo Eloch e Adhara, la sua ragazza, e Pufin, il folletto che lo aveva accompagnato già da piccolo. Il divinatore aveva una vita normale: lavorava, usciva e evitava di parlare con i folletti che incontrava in città, perché aveva paura di essere impiccato come suo padre per ordine del re. Questo era troppo vecchio ed era chiaro che non gli restava molto da vivere. Non avendo figli o parenti a cui affidare il regno e volendo sterminare una volta per tutte la razza dei divinatori, nel giorno di seconda luna, fece radunare in piazza tutti i ragazzi più forti e coraggiosi del regno, dicendo loro: “ è il vostro re che vi parla! Ho la necessità di trovare un successore forte e audace. E' per questo che chi riuscirà a distruggere l'ultimo divinatore distruggendo così anche tutte le creature magiche, con la Spada dei Divinatori, forgiata dalle creature magiche e dai divinatori più potenti, otterrà il trono. Nel corso dei secoli molti hanno provato ad entrare nel castello dove si trova la spada ma nessuno è mai tornato vivo. Perciò chi vorrà diventare il mio successore dovrà esporsi a molte difficoltà compresa la morte”. Artrid fu uno dei primi a fare i bagagli ma non per distruggere se stesso e tutte le creature, ma distruggere la spada prima che la prendesse qualcun altro. Tornò a casa e insieme alla sua compagnia si prepararò per partire nel giorno stabilito dal re. Era ora, erano pronti a partire, ma si avvicinò Hoc, il ragazzo che lo aveva umiliato da piccolo, e gli disse spavaldo: “ Sei pronto a morire? Non c'è bisogno che parti, tanto sarò io il futuro re” e si allontanò di colpo. Artrid aveva una marcia in più, perché oltre ad essere un divinatore era in possesso degli oggetti magici di Pufin. Il cammino si prometteva molto difficile anche se le tappe non erano molte: per primo bisognava inoltrarsi nella Grotta dei Guerrieri di Cristallo, poi oltrepassare la Montagna delle Paure ed infine la Vallata dei Titani; salirono sui cavalli e s'incamminarono verso la prima tappa, ovvero la Grotta dei Guerrieri di Cristallo. Arrivati dinanzi a quell'orrido posto, Artrid cominciò ad avere paura alla vista dei resti di ossa umane davanti all'ingresso della grotta , ma entrò convinto prima di tutti gli altri. Quei mostri erano sì di corporatura apparentemente fragile, ma combattevano con la mente: mangiavano chiunque perdeva contro di loro. Dopo aver percorso un lungo corridoio, si trovò dinanzi ai Guerrieri di Cristallo che cercarono di impossessarsi della loro mente. Stavano per riuscirci, era finita per loro. Ma ad un tratto i Guerrieri si bloccarono, grazie al paralizzante di Pufin. Corsero velocemente verso una luce che credevano fosse l'uscita, ma si sbagliavano: era un'enorme stanza dove si trovava un mostro di ghiaccio terrificante. A differenza degli altri mostri, combatteva con delle stalattiti di ghiaccio che sparava dalla bocca: era molto più potente di quelli che aveva affrontato prima, e nemmeno Pufin poteva batterlo. Artrid pensò che si poteva battere con l'astuzia: cominciò a provocare il mostro che colpiva con forza le pareti della stanza e i raggi del sole che penetravano dalle crepe sciolsero la creatura. Usciti dalla grotta, si accamparono per la notte e da lontano videro Hoc, che era riuscito ad oltrepassare anche lui la prima tappa. Si avvicinò e disse: “Artrid, sei riuscito a passare insieme ai tuoi amici, e mi sorprende che quel pappamolle di Eloch sia ancora vivo.” e scomparve nel nulla. Tutti si misero a dormire ma Eloch rimase sveglio, tormentandosi tra il suo desiderio di diventare re che lo accompagnava sin da bambino e la necessità di proteggere Artrid che invece glielo avrebbe impedito; dopo, stanco si addormentò. Si svegliarono all'alba e partirono verso la Vallata delle Paure, per arrivarci dovettero scalare montagne e durante il percorso videro i corpi degli altri ragazzi morti per la fatica. Arrivati alla Valle, Pufin svenne, perchè le creature magiche avevano tanta paura di entrare in quella vallata. Così Adhara prese Pufin e se lo mise sulle spalle.

Dopo una lunga dormita, Artrid sì svegliò e non trovò nessuno, tranne Pufin. Qualcuno li aveva rapiti, forse Hoc,il quale sembrava volere che Artrid si ritirasse. Il divinatore scoppiò a piangere, non si immaginava che i suoi amici potessero essere tanto in pericolo, ma invece sì. Si fece forza e si alzò, prese la sua roba e corse verso l'ultima tappa, la Valle dei Titani. Artrid non era forte come i Titani, e né lui né Pufin, avevano i mezzi per fermarli, perciò decisero di batterli in velocità: prese Pufin e corse più veloce della luce fino a buttarsi un un bosco per salvarsi. Attraversò in lungo e in largo quel bosco umido e pauroso, fino a trovare il castello: era magnifico e maestoso, era popolato da migliaia e migliaia di creature magiche . Per un umano, sarebbe stato impossibile arrivare fino all'ultimo piano, ma per un divinatore no. Quando stava per afferrare la Spada dei Divinatori, qualcosa lo colpì, si girò e dietro di lui c'era Eloch. Così Artrid gridò: “Eloch! Sei salvo!” e Eloch estraendo la sua spada rispose: “ Sei finito!”. Artrid era in vantaggio, ma Eloch, con un colpo di spada lo fece cadere. Artrid gridò: “Perché mi fai questo?” e Eloch: “Tu mi hai sempre oscurato, sono sempre stato dietro di te, inoltre sapevi quanto mi piace Adhara, e tu me l'hai rubata! Ora, non solo la sposerò, ma diventerò re e mostrerò la tua testa al popolo!” Mentre stava per prendere la spada cadde a terra: Hoc da dietro lo aveva ucciso. Poi disse ad Artrid che era ancora a terra senza parole per lo spavento e la sorpresa: “Non chiedermi perché l'ho fatto. Ho sempre sospettato che avessi qualcosa di strano, che fossi diverso da tutti gli altri. Quando, durante il mio viaggio, ho capito la verità e ho scoperto i piani di Eloch, ho deciso di seguirvi, per proteggervi. Sei tu il nostro re, il vero Divinatore.” Eloch si inchinò soprendentemente e Artrid, mettendogli una mano sulla spalla lo abbracciò. Il ragazzo aveva portato già in salvo Adhara e, dopo essersi ricongiunti tutti, fecero ritorno alla città trasportando la Spada magica. Il re sapeva che chi avesse riportato la spada sarebbe stato il divinatore: in questo modo avrebbe potuto ucciderlo. Purtroppo morì prima di vedere in faccia il suo nemico. Così Artrid diventò re e insieme ad Adhara diede vita a un regno pacifico e a una lunga e amata dinastia. L'eroe rimase nei ricordi di tutti come “il Re Divinatore”.

Alberto De Paolis, Antonio Matassa e Daniele Denni

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