Welcome” dice l’uomo marrone aprendo la porta. Sono in un ingresso con il pavimento a scacchi bianchi e neri. Davanti a loro sale una scala. Porte di qua, porte di là. Una signora coi capelli di un grazioso color biancoviola le viene incontro. “How do you do, my dear?”
Emilia sgrana gli occhi. Pensava che certe frasi ormai ci fossero solo nei libri di scuola. Loro non li usano nemmeno, a scuola, i libri. Fanno conversazione e basta. Miss Paine è australiana, però. E giovane. E questi signori sono anziani e inglesissimi. Adesso le offriranno di sicuro…
“Tea, my dear?” Appunto. Emilia sorride e annuisce. In inglese è brava, ma un conto è rispondere alle domande della Miss, un conto è rispondere con lo stesso tono sicuro a quelle parole semplici di cortesia che però sembrano tagliate nel cristallo.
A parte questo, sono gentilissimi. Lui è tutto di tweed, anche la faccia. Lei ha un golfino azzurro, le perle, e scarpe ragionevoli da persona a cui piace camminare. Un gatto color crema scende le scale strusciandosi contro la balaustra. “Hi, Moll” dice la signora. Una coppia anziana e un gatto. Emilia non poteva desiderare di meglio. Vacanza-studio in Inghilterra? D’accordo. Ma in college no. E niente famiglie numerose con bambini a cui fare da babysitter, niente ragazzine ostili o ficcanaso. Lezioni private di grammatica e conversazione, e ospiti tranquilli. Quindi va tutto bene.
La signora Russell sparisce in cucina.
“This way” dice il signor Russell. E la precede in salotto. Camino, poltrone verdi, divano blu, bei quadri di paesaggi e di facce antiche.
E poi Emilia trasalisce. Da una delle poltrone si alza un ragazzo coi capelli di un biondo quasi bianco, gli occhi trasparenti. Alto, sottile, elegantissimo nell’abito scuro con la camicia candida e la cravatta. Le sorride, si fa avanti, le tende la mano. “I’m James” dice. “How do you do?”
Ancora. Emilia esita, poi la buona educazione ha la meglio. Stringe quella mano, e un brivido la avvolge.
Emilia sgrana gli occhi. Pensava che certe frasi ormai ci fossero solo nei libri di scuola. Loro non li usano nemmeno, a scuola, i libri. Fanno conversazione e basta. Miss Paine è australiana, però. E giovane. E questi signori sono anziani e inglesissimi. Adesso le offriranno di sicuro…
“Tea, my dear?” Appunto. Emilia sorride e annuisce. In inglese è brava, ma un conto è rispondere alle domande della Miss, un conto è rispondere con lo stesso tono sicuro a quelle parole semplici di cortesia che però sembrano tagliate nel cristallo.
A parte questo, sono gentilissimi. Lui è tutto di tweed, anche la faccia. Lei ha un golfino azzurro, le perle, e scarpe ragionevoli da persona a cui piace camminare. Un gatto color crema scende le scale strusciandosi contro la balaustra. “Hi, Moll” dice la signora. Una coppia anziana e un gatto. Emilia non poteva desiderare di meglio. Vacanza-studio in Inghilterra? D’accordo. Ma in college no. E niente famiglie numerose con bambini a cui fare da babysitter, niente ragazzine ostili o ficcanaso. Lezioni private di grammatica e conversazione, e ospiti tranquilli. Quindi va tutto bene.
La signora Russell sparisce in cucina.
“This way” dice il signor Russell. E la precede in salotto. Camino, poltrone verdi, divano blu, bei quadri di paesaggi e di facce antiche.
E poi Emilia trasalisce. Da una delle poltrone si alza un ragazzo coi capelli di un biondo quasi bianco, gli occhi trasparenti. Alto, sottile, elegantissimo nell’abito scuro con la camicia candida e la cravatta. Le sorride, si fa avanti, le tende la mano. “I’m James” dice. “How do you do?”
Ancora. Emilia esita, poi la buona educazione ha la meglio. Stringe quella mano, e un brivido la avvolge.
Emilia esita poi la buona educazione ha la meglio. Stringe quella mano e un brivido la avvolge. Era da tanto che non provava un’emozione simile. Timida risponde: ”Hi James, I’m Emilia. I’m italian”. Poi il signor Russell insiste ancora con il thè. Ma Emilia risponde di no e chiede di essere accompagnata in quella che sarà poi la sua camera: “Can I see my bedroom, please?”. Arrivata chiude la porta e si sdraia sul letto, che non era particolarmente comodo. Ma alla ragazza non importava. Aveva ben altro a cui pensare. Per esempio il litigio con Tommaso. Infatti due settimane prima che lei partisse per l’Inghilterra il suo ragazzo l’aveva lasciata per Sara, l’odiosa biondina che lei detestava. Emilia da quel momento si era sentita distrutta e aveva cominciato a parlare pochissimo. Per questo aveva deciso di non andare in college dove ci starebbero state molte sue compagne. Non voleva commenti. Ed ora è sdraiata sul letto a pensare a quanto era stata felice. E così, tra i suoi pensieri, si addormenta. Alle 6:30 suona la sveglia. Oggi avrebbe avuto la sua prima lezione di inglese con la signora Russell. Quindi si prepara e scende per la colazione. I signori sono in salotto. In cucina c’è solo James, che saluta Emilia con un caloroso: “Good morning Emilia!”. Lei sorride e ricambia e dopo una colazione fatta come non mai, va in salotto. Oggi la lezione avrebbe trattato ”myself”. Emilia si doveva presentare e avrebbe dovuto imparare a farlo proprio come un inglese. Per questo è emozionata: lei adora parlare in inglese. Ma subito dopo la lezione si chiude in camera e scende solo per pranzo e cena. Non riesce a smettere di pensare a Tommaso e a Sara. Li odia entrambi. E anche durante le lezioni e quando è con i Russell è sempre sovrappensiero. Infatti dopo qualche settimana James, dopo cena, entra in camera di Emilia e le chiede: “What do you have?”. La ragazza è sorpresa per la domanda e non capisce. “What?”. James risponde: “Didn’t you understand? I said, what do you have?”. “Oh, no, i understood, but why ?”. E il ragazzo fa un discorso di cui Emilia capisce a malapena qualche parola. Infatti lo ferma e dice: “Now I didn’t unsterstand. I can’t speak english very well, so I’m here”. Sembra molto difficile comunicare. Nonostante le sue conoscenze a Emilia sembra di essere una bimba di sei anni quando James parla. Lui riprova a spiegare, ma niente da fare: Emilia non capisce. Alla fine rinunciano tutti e due e vanno a dormire. Emilia continua le sue lezioni grazie alle quali migliora moltissimo. Ma nonostante tutto è ancora triste, non esce mai, non parla con nessuno e si isola sempre. Solo qualche volta prende Moll e parla con lui, in Italiano, di tutto quello che sente. E poi disegna. Passa la maggior parte del tempo a disegnare e James continua ad osservarla, colpito. Vorrebbe comunicare con lei. Ma come? Allora una sera d’agosto entra in camera sua e le dice: “You can draw very well! Draw me what you feel!” Emilia stavolta capisce, ma si chiede perché James è così interessato a lei. Per la prima volta dopo circa tre mesi qualcuno le chiede come si sente. E per la prima volta dopo tanto decide di sfogarsi. Comincia a disegnare due persone felici, poi una di loro prende un coltello e lo mette nel cuore dell’altra e poi va da un’altra persona. La persona pugnalata al cuore viene indicata con una freccia: me. James annuisce, prende la matita dalla mano di Emilia e comincia a disegnare: altre due persone felici. Un’altra volta un coltello che stavolta viene impiantato nella pancia di qualcuno. Queste due persone sono indicate da altre due frecce: mum, dad. Poi una prigione e una scritta “uncles”. Emilia capisce: James è il nipote dei Russell ed è lì per la peggiore delle ragioni; sua madre è stata uccisa dal padre, ora in prigione. Lui evidentemente si sente solo quanto lei. E disegna bene quanto lei. Da quella sera James va in camera di Emilia e comunicano con i disegni. All’inizio di settembre grazie a quello sono riusciti a sapere tutto l’uno dell’altra. Emilia diventa bravissima in inglese. Visita molte città come Londra, conosce un po’ di ragazzi e si apre molto grazie a James ma ormai manca solo una settimana alla sua partenza. Negli ultimi disegni appaiono sempre faccine tristi. Anche James è dispiaciuto. Si è affezionato molto a Emilia. E la settimana passa come fosse un’ora.
È l’ultima sera in cui i ragazzi possono disegnare per capirsi. Emilia avrebbe voluto disegnare a James quanto è stata felice con lui e lo stesso il ragazzo. Ma come possono disegnarsi una gioia simile? Emilia dice: “I don’t know what I can draw…I want that you know I was very happy with you…I forgot Tommaso…Thanks James…”. Lui le si avvicina e la ringrazia. Ma dopo “thanks” James dice una frase che Emilia non avrebbe dimenticato: “I love you…”. E esce dalla stanza. Il giorno dopo Emilia viene accompagnata all’aeroporto dai Russell e James. Prima di salire sull’aereo Emilia riesce a dire una frase che non diceva da tempo: “I love you, too James”. E con un bacio si dicono addio.
(Miriam Eusepi IIIB)
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